La produzione di energia da biomasse, o bioenergia, comprende processi che sfruttano una grande varietà di materiali di natura estremamente eterogenea. Proprio per questa natura non esiste in Italia una definizione univoca di biomassa, tuttavia il D.lgs. 28/2011 recante “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili…” definisce la biomassa come “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.
Questa definizione include una grande varietà di prodotti vergini e di residui a matrice organica, che, per semplicità possono essere raggruppati in cinque categorie principali (fonte: Aper):
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comparto agricolo: coltivazioni agricole dedicate, residui colturali provenienti dall’attività agricola;
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comparto agroforestale: residui delle operazioni selvicolturali, delle attività agroforestali, utilizzazione di boschi cedui, ecc;
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comparto zootecnico: reflui zootecnici e scarti animali;
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comparto industriale: residui provenienti dalle industrie del legno, della carta, dell’industria agroalimentare, ecc.;
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rifiuti urbani: residui delle operazioni di manutenzione del verde pubblico e frazione umida di rifiuti solidi urbani.
L’utilizzo di biomassa per la produzione di energia elettrica e termica può avvenire sia in modo diretto (ad esempio combustione di biomassa legnosa in appositi forni), che attraverso la trasformazione in combustibili liquidi (Bioliquidi) o gassosi (Biogas, Syngas). Pertanto, la letteratura in merito è solita suddividere le bioenergie in tre filiere principali: